Le cascine, in genere piccole ma qualcuna grande, molte in paese, alcune quasi paesi in sé, sono state per secoli le cellule organizzative elementari della nostra agricoltura, attività economica e di sussistenza che impegnava i due terzi della popolazione del Cremasco, la quasi totalità degli abitanti dei paesi:  paiśà, seguendo la stessa evoluzione semantica seguita da ‘contadino’, è venuto anche a significare ‘coltivatore dei campi’. Oggi le non molte cascine attive sono quasi irriconoscibili, con capannoni e paddock che hanno sostituito le consolidate strutture tradizionali. Spariti sono i mulini, ma una volta ogni paese ne aveva più di uno, da frumento e melgòt, da olio per la linosa e il ravizzone, senza dimenticare le pile per il riso, che si coltivava anche da noi. C’era poi la miriade di mestieri, necessari alla vita sia dei contadini che degli altri: il fabbro, il falegname, il muratore e tanti altri. Un tempo singoli artigiani e piccole botteghe, poi, dopo l’arrivo della ferrovia e un primo inizio di modernizzazione, aziende piccole e anche grandi. Due modi di dire. Mestér cremàsch, con cui si intendono dei lavori malfatti, in fondo un blasone collettivo del nostro territorio, che ci inorgoglisce perché lo sappiamo non vero. E l’altro, chèi da Crèma, a mangià i sǜda, a laurà i trèma, ricorda un’antica piaga, lo sfruttamento dei contadini da parte di un ceto urbano il cui rapporto con la campagna era parassitario.

Queste sono le pubblicazioni del Gruppo Antropologico Cremasco dedicate al lavoro:

·    5. La cascina cremasca (1987)

·    7. I mulini del Cremasco (1990)

·    10. Mestér cremàsch (1993)

     13. La ferrovia e le attività economiche a Crema nel tempo (1996)(In collaborazione con COMITATO SOCI CREMA COOP LOMBARDIA e AMICI DEL PRESEPE DEI SABBIONI)

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