La Tradizione Alimentare e le Osterie
Il tema dell’alimentazione tradizionale, contadina e cittadina, è altamente culturale ma anche facilmente mistificabile, in quanto il marketing asseconda false credenze in una tradizione immutabile arrivata fino a ieri, quando invece si sono avuti nel tempo cambiamenti lenti ma continui.
Se uno osserva, in un museo o su Il lavoro dei contadini di Scheuermeier, gli strumenti disponibili prima degli anni ’50 del ’900 nelle case contadine ma anche in quelle borghesi e nelle cucine delle osterie, si domanda come riuscissero a cucinare. Anche la disponibilità degli ingredienti, forse migliori di quelli di oggi o forse no, non era la nostra. E se in città anche la povera gente comprava a bottega, in campagna i contadini, in un regime economico solo parzialmente monetario, facevano soprattutto conto sulle scorte che avevano dalle compartecipazioni e dalle autoproduzioni. Le verdure e la frutta quando l’orto e i due o tre alberi da frutto le producevano, la carne fresca alla festa, un po’ più di frequente quella conservata (salami, cotechini, braciole di oca conservate nel suo grasso), rane, gamberi e pesci di fiume o di fosso una volta ogni tanto, tanta polenta e tanto pane di mistura.
C’erano poi le osterie, oggi scomparse o defunzionalizzate, dove gli uomini (i maschi adulti), trascorrevano qualche ora di tempo libero bevendo un bicchiere di vino e giocando a carte, ma che preparavano anche da mangiare per avventori fissi o occasionali. Alla festa poi imbandivano tavolate, per chi poteva permetterselo.
Il Gruppo Antropologico Cremasco ha dedicato alla tradizione alimentare e alle osterie queste pubblicazioni:
. 9. Il Mondo dell’osteria (1992) con la musicassetta “I Canti dell’osteria”
. 17. Crema a tavola: ieri e oggi (2001)
. 18. Crema a tavola: le parole e gli spazi (2002)
. 22. La ùcia dal casül. Il folclore cremasco visto dalla tavola, di Marco Lunghi e Pier Luigi Ferrari (2004)
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